IL 63,7% DEL DEBITO DEL NOSTRO PAESE E' IN MANO A BANCHE ITALIANE E ALLA BANCA D'ITALIA

1 EURO
26-06-2023

L’intero debito pubblico italiano ammonta, secondo i dati del 2022, a 2.757miliardi di euro. Per ben 1.755,9 miliardi, ovvero il 63,7%, è costituito da titoli posseduti da quelle che sono definite “aziende finanziarie”, in gran parte banche, assicurazioni e dalla Banca Centrale del nostro Paese.

Siamo tra gli Stati membri della Ue in cui questa percentuale è più alta: solo le banche di Danimarca, Svezia e Croazia possiedono più debito pubblico del proprio Paese e cioè, rispettivamente, il 74,6%, del 74,5% e del 66,7%. Si tratta però di economie molto più piccole e questo significa che in valore assoluto a essere più esposto al debito pubblico del proprio Paese è proprio il settore finanziario italiano, in cui ha un ruolo importantissimo la Banca d’Italia, che detiene 721,1 miliardi, il 26,1% del totale. Via XX Settembre ha acquistato i nostri titoli per conto della Bce, nel quadro del Quantitative Easing messo in atto da Francoforte dal 2015 in poi.

Un altro dato molto interessante è anche quello che riguarda le famiglie: nelle mani di quelle italiane vi sono 212,7 miliardi di titoli di Stato, che corrispondono al 7,7% del nostro debito. Da questo punto di vista l’Italia è al quinto posto dopo Ungheria, Malta, Portogallo, Irlanda. Non sono presenti dati sulla Germania, ma il confronto con Francia e Spagna è eloquente. In questi due Paesi i privati residenti hanno investito nel debito del proprio Paese solo 1,4 e 3,3 miliardi rispettivamente. Quasi nulla: si tratta dello 0,05% e dello 0,21% dell’ammontare complessivo.

Indirizzare i propri risparmi in Btp e titoli simili è un’usanza tipicamente italiana e di pochi altri. In ben 17 Paesi la quota di debito in mano alle famiglie è inferiore al 2%, in 15 inferiore all’1%.

Solo il 26,8% del nostro debito è all’estero

Le nostre aziende private, invece, si tengono abbastanza lontane dai titoli pubblici, ne detengono solo l’1,81% del loro valore totale. La fetta di debito più problematica e delicata è però quella che è in mano a soggetti esteri, si tratti di imprese, famiglie, banche e detentori stranieri di fondi. E’ una questione delicata perché sono coloro che più spesso dei detentori italiani o della Banca Centrale, tendono a disinvestire se hanno sentore di difficoltà sistemiche del nostro Paese, determinando una crescita dei tassi.

In mani straniere è il 26,8% del debito, una delle quote più basse in Europa, considerando che altrove, soprattutto in economie piccole e stabili come quella estone, austriaca, slovena o irlandese si supera il 50%, mentre in Francia e Spagna si raggiunge il 47,3% e il 40,8%. Questa percentuale scende però al di sotto del livello italiano, al 20,3%, in Germania.

Anche in Italia prima della crisi finanziaria del 2008-09 la quota di debito detenuta dai non residenti era arrivata oltre il 40%. È poi scesa fino al livello attuale, il minimo da 25 anni in termini percentuali, sia per una certa sfiducia nel nostro Paese sia soprattutto per l’intervento della Bce che negli scorsi anni, tramite la Banca d’Italia ha comprato sino al 26,1% del debito italiano. Anche la fetta detenuta dalle famiglie, nonostante rimanga tra le più alte d’Europa, è comunque diminuita in modo netto nel tempo, 20 anni fa superava il 30% ed è poi scesa piuttosto velocemente, specie tra il 2004 e il 2015.

Ora la Bce, però, ha fortemente limitato gli acquisti di titoli di Stato, italiani e non. Di conseguenza è di nuovo sui risparmiatori privati che, tramite offerte allettanti come i titoli indicizzati all’inflazione, il nostro Paese punta per coprire il fabbisogno dei conti pubblici.